Statement

MY STATEMENT
Quello che mi muove incessantemente è un’irriducibile curiosità visiva.
La mia vita quotidiana è innervata da una pulsione a guardare, selezionare, concentrare l’attenzione su stimoli visivi. Sono in continua ricerca di forme. Persino i sogni mi propongono soluzioni formali e al risveglio al mattino mi attende lo stupore dell’idea. Questa attitudine/propensione, resa col tempo consapevole appuntamento con me stessa, la caldeggio e la sospingo necessariamente verso soluzioni formali espressive. I materiali incarnano l’intuizione, danno corpo all’idea, la sostanziano. Utilizzo la carta, il cellotex, la sabbia, l’intonaco, l’alluminio, la corda. La materia, quale essa sia, avendo un codice linguistico proprio, tende a palesarlo e “forza” il messaggio: così la carta parla con la propria trasparenza, la sabbia con la scabrosità e il cellotex con i suoi molteplici registri (le sue texture), l’alluminio con la sua cangianza. L’incontro tra questi due ordini di realtà si substanzia in lavori che riescono a raggiungere un carattere univoco. La materia diviene il riverbero, il sostegno ed il megafono del segno sotteso che dal profondo, dal luogo “altro”, spinge. Mi avvalgo di svariate tecniche. Il frottage mi aiuta a rintracciare segni parlanti da un altro luogo che non è necessariamente il passato bensì un “altrove da qui”, sconosciuto e misterioso che parzialmente si svela attraverso segni emergenti in superficie dal profondo, affioranti sul filo del reale e pronti a perdere consistenza come i sogni, se non prontamente e delicatamente fermati. Il cucito è la tessitura del mondo, il ponte, la congiunzione, l’adèso. Con la tecnica della cucitura i frammenti trovano una nuova possibilità di rimettersi in gioco, tornano “nella” costruzione. Cucire è ri-cucire il mondo, richiudere le ferite/strappi, ricongiungere gli estremi per una nuova configurazione che tende alla completezza. Il mosaico ha in sé il concetto di “insieme” e i tasselli, volutamente non regolari, sono gli elementi che lo costituiscono. L’uso della geometria è un pretesto, la uso come riferimento che ho il piacere di tradire in un gioco di certezza/incertezza continuo. La composizione che ne deriva ha in sé la percezione del movimento.
Esploro la fragilità, la caducità, ciò che si nasconde nelle pieghe del reale e rischia di non essere visto. La mia attenzione è “chiamata” da ciò che si annida nel silenzio. Per questo, tornando ai materiali, spesso scelgo la carta, perché ha la trasparenza, la fragilità, la leggerezza e la duttilità necessarie a tradurre il dato sensibile del reperto emerso e portato in primo piano. Attraverso il suo tramite il segno viene “spiaggiato”. Tra i materiali la stoffa mi risponde con la morbidezza e mi regala texture derivanti dall’incontro di trama e ordito. L’unione di carta e stoffa mi permette ulteriori libertà espressive. L’alluminio mi interessa per la sua cangianza, per il continuo modificarsi a seconda del punto di vista e della luce che lo colpisce dando un effetto di movimento continuo e mi aiuta a sviluppare il concetto di inafferrabilità. Attraverso questi materiali la mia ricerca di senso si sviluppa dando vita a un linguaggio, un sistema di segni, un vocabolario asemico. Per finire, un pensiero sovrintende silenziosamente tutto il mio processo: la riflessione costante sul mistero creativo e sull’artista come tramite.

ORDINE IMPERFETTO
Intendo parlare del tentativo di dare ordine al caos, all’entropia del reale con un sistema di riferimento transitorio, non definitivo e imperfetto che sono le griglie di DIAGRAM o le sequenze di tessere, cellette di alveare, di MOSAIC.
Il reale è caotico, entropico, affastellato, incomprensibile ed a volte orrendo. Attraverso l’arte tento di velare l’orrore e offrire risposte formali. In “Non siamo isole”, un lavoro composto da centinaia di palline di cellotex collocate una accanto all’altra, parlo dell’unione che genera forza e nello stesso tempo l’assemblage è inserito in un rettangolo che diventa essa stessa un’isola. Ad intendere che anche le risposte al caos possono essere contraddittorie e strutturalmente parziali, transitorie. L’esistenza è un mare procelloso ed altalenante e gli appigli incerti e non definitivi. La certezza è la fluidità e l’ordine non può che risultare imprecisa risposta.
Il concetto del tempo lo ricavo dalla metodologia scelta per lavorare, la scansione ripetitiva delle tessere giustapposte di MOSAIC parla di un tempo astratto, raggelato, ascetico, zen. È un tentativo di creare un tempo nel tempo, un tempo fermo dove l’arte trova uno spazio di residenza accogliente. Un tempo altro. Un tempo alterato. Tutto si rallenta per trovare la pace in un ordine che, seppur instabile, offre il conforto di un porto.

KALEIDOSCOPE
L’opera consiste nella giustapposizione di elementi triangolari volutamente non regolari, sfruttando le caratteristiche di lucentezza ed opacità del foglio di alluminio.
In quest’opera il concetto del tempo scaturisce dalla metodologia scelta.
Il tempo è inteso come scansione, ripetitività dell’azione della giustapposizione. Si genera un ritmo, un movimento che trasforma la staticità della costruzione in una percezione dinamica. Un tempo altro, alterato, ascetico eppure mobilissimo. Il Tempo torna nel mio movimento ripetuto infine volte, lo stesso per ogni singola parte che compone l’opera, lo stesso come quello di una paziente tessitrice che considera il singolo punto, la singola trama per conoscere poi l’intera opera, solo allora completa. Un percorso zen che non prevede affanno o fretta ma considerazione del “percorso”.
È un tentativo di creare un tempo nel tempo, un tempo fermo dove l’arte trova uno spazio di residenza accogliente. Tutto si rallenta per trovare la pace in un ordine che, seppur instabile, offre il conforto di un porto.
Altro riferimento è il tentativo di rendere percettibile il concetto di “solidità” attraverso l’uso di un materiale fragile, in un gioco intercambiabile di costruzione/decostruzione come in un tangibile ossimoro.


Kaleidoscope – alluminio su faesite – cm 80×80 – 2020